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Immagine del redattoreStaff Viaggi Solidali

Senegal, il Festival Internazionale di Percussioni


Ecco il diario di Antonella, turista in Senegal, che ha assistito al festival internazionale di percussioni che si tiene ogni anno a Dakar e che ci descrive usi e costumi senegalesi.

L’inaugurazione del FESFOP a Louga

Sono un po’ affannata perchè arriviamo una buona ora dopo l’orario ufficiale dell’inaugurazione, ma tranquilli: non è ancora iniziato nulla. Perlomeno non è ancora cominciato lo spettacolo ufficiale, anche se lo spettacolo è comunque garantito. Ci sediamo accanto ad un gruppo di bambini e bambine che ci guardano divertiti; davanti a noi alcune file di teste nere. Sul palco un enorme baobab dipinto su di un telo e tra il palco e la prima fila di sedie passeggia avanti ed indietro un uomo in costume da leone (almeno credo) (vedi foto).


Più in là un gruppo di uomini con dei teli coloratissimi legati in vita in modo da formare delle ampie gonne multicolori. C’è persino un cavallo bianco elegantemente bardato che si muove a suon di musica. Il bambino seduto accanto a me mi chiede come mi chiamo; gli faccio una foto e subito anche i suoi amichetti ne vogliono una; gliela mostro sullo schermo della macchina digitale; ridono, si scherniscono allegri e ne vogliono ancora.  Uno più intraprendente mi chiede se può usare la mia macchina fotografica; senza bisogno di spiegazioni capisce subito come funziona e scatta qualche foto controllando il risultato. Andiamo a prenderci una bottiglia d’acqua con qualche bicchiere; diamo un bicchiere anche ai bambini che ne bevono un sorso ciascuno passandosi il bicchiere senza litigare; quando è vuoto lo riempiamo ancora. Un bimbo fa segno agli altri che nella fila davanti ci sono due bimbe piccole; immediatamente il bicchiere viene passato alle due bimbe e ad una bambina un po’ più grande che è seduta con loro; ciascuna ne prende un sorso e passa il bicchiere.

Finalmente cominciano ad arrivare le autorità: boriose e pompose si dispongono nella prima fila della “galleria” (una scalinata di cemento davanti alla quale sta la spianata di terra battuta dove siamo seduti noi e molti degli altri spettatori). Alcune delle donne sembrano enormi meringate con le loro gonne ampissime e addobbate di veli, fiocchi, rose di stoffa, lustrini di ogni forma e dimensione per non farsi mancare nulla. Così anche l’inizio del festival non sembra poi così spettacolare; in questo tripudio di colori e di umanità ciò che accade sul palco non è poi così straordinario. Questo fino a quando non arrivano i percussionisti di Louga; allora il pubblico esulta, incita ed applaude. Loro cominciano a suonare con un’abilità impressionante; di quando in quando c’è qualcuno nel pubblico che si alza e come in trance comincia a vibrare al ritmo delle percussioni. Anche una delle due bimbe sedute davanti a me si alza, comincia a danzare come se fosse la pelle tesa sopra uno dei tanti tamburi. E’ impressionante vederla muoversi così; non ha più di 4 anni.

Alla fine dell’esibizione l’applauso ed il tripudio della folla sono assordanti, un’esplosione di vitalità e di orgoglio.

• La lotta dei bambini nel villaggio di Sippo

Seduti sotto la fronda di un grande albero, due bimbi percuotono ciascuno con un bastoncino la propria tanica di plastica producendo un ritmo pazzesco.

Le bambine accompagnano il ritmo dei tamburi con il battito delle mani ed è un’onda sonora unica che seduce tutti, anche quelli musicalmente più sordi come me; impossibile non farsi coinvolgere. Arrivano i primi due lottatori: due bimbi piccoli ma così seri e concentrati. Comincia il confronto sotto la supervisione di un uomo che con dolcezza e fermezza verifica che le regole vengano rispettate; quando la lotta si fa più serrata, il ritmo dei tamburi accelera come il battito cardiaco di un cuore che galoppa.

Quando uno dei due si ritrova con la schiena sulla sabbia, il combattimento si conclude con un applauso. Intanto arrivano anche delle donne con i più piccoli avvolti con un telo sulla schiena; una di loro si mette ad allattare il suo piccolo. Mentre si attende il combattimento successivo e i tamburi continuano a suonare, entra nell’arena un bimbo di circa 3 anni con una salopette azzurra e comincia a muoversi e a vibrare all’unisono con i tamburi; ma come avrà imparato a muoversi così? Tutti gli occhi sono fissi su di lui ma non sembra accorgersene. Poi si ferma e, come se nulla fosse, torna a giocare con una bottiglietta che ha riempito di sabbia.

• I colori del Senegal

Se c’è una cosa che non manca in Senegal è il colore; quello blu inteso del cielo, quello degli abiti delle donne che combinano tutto l’arcobaleno e oltre, quello delle carnagioni dal nero notte fonda a tutte le sfumature cioccolato. Nelle città e nei mercati si aggiungono i colori dei rifiuti di plastica abbandonati ovunque, tra cui a volte rovistano le capre.

Senza contare l’ocra ed il rosso della friabile falesia di Popenguine con accanto la nera roccia lavica lambita dalla spuma argentea del potente oceano. E ancora le colonie bianche di pellicani dai becchi gialli nel parco di Djoudj ed i loro voli radenti nel cielo. Sui rami più alti delle verdi mangrovie gli scuri cormorani africani con le ali aperte ad asciugare; solo con la bassa marea si vedono abbarbicate alle radici delle mangrovie le ostriche madreperlacee.

Persino la cucina è un tripudio di colori: il riso bianco, l’ambrato sugo di cipolle, il pesce ben arrostito sulla brace, le varie verdure, la piccantissima salsa rosso fiamma da aggiungere con parsimonia.

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