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Ricordi di viaggio in Nicaragua – 2° parte


E poi il ricordo di un sabato di febbraio. Tante persone, soprattutto uomini, seduti, a riposarsi dalle lunghe e faticose settimane di lavoro.



Tra il sole che spaccava pure le pietre piú ostinate, tanti negozietti, supermercati a conduzione familiare, baretti che fanno succhi di frutta e cose tipiche, comedores (tipo tavole calde) in stile coloniale che fanno cose buonissime e a prezzi abbordabili per tutti, artigiani che lavorano in mezzo alla strada, chioschetti fumanti con file di persone ad ordinare delizie da gustarsi in dei tavolini rimediati in una casa familiare, la biblioteca, le officine, le farmacie, le signore sotto gli ombrelloni a vendere il pane…

La gente, le persone che vanno a lavoro e che si fermano per la pausa pranzo, turisti come me… mentre passeggio noto con stupore che le case hanno le porte aperte o le chiavi sono attaccate alle porte. Chiedo e mi spiegano che qui è normale, non succede niente, ognuno si rispetta.


Passeggiando per le stradine ho trovato familiarità, pace, serenità. Ho sbirciato tra tante case che sono aperte su strada, lasciando intravedere divani, mamme che cucinano, anziani di fronte alla tv, bambini che giocano, quadri con ritratti di famiglia, mobiletti pieni di giocattoli sparsi.

Famiglie, storie, vite, dietro a una grata socchiusa, con il ventilatore che gira, la televisione che parla, spesso la musica che accompagna un piatto, una chiacchiera…gente semplice e umile, ma con grande dignità e nobiltà. Anche nella mia stanza respiro questo clima di pace: sbircio alla finestra e sento il venticello entrare, ascolto le grida dei bambini che giocano e corrono avanti e indietro, osservo le signore con le buste della spesa, i cani randagi che girano a fare pipì, gli uccellini stridulanti.

Vado in cerca di una pulperia, ossia un alimentari stile tradizionale, come di un nostro paesino dell’entroterra. Ne trovo uno, il primo della strada. E’ buio, pieno di cianfrusaglie…vende di tutto.

Respiro un senso di antico. Una luce fioca, un bancone di vetro pieno di ogni cosa, dai biscotti agli shampoo, dalle caramelle appese alle lamette, dalle saponette alle tortillas. Scatoloni ovunque. Estremamente affascinante nella sua semplicità. Si sentono solo i grilli che cantano. C’è una radio in lontananza, ma dopo poco si spegne anche nel mio udito. Una pace incredibile. Il proprietario é seduto su una sedia dietro al bancone, con i piedi su un tronchetto di plastica. Con la canottiera bianca a costine, i pantaloncini colorati che lasciano intravedere due gambe lunghe e smagrite e le infradito corrose dal tempo. Pochi secondi per guardarmi attorno ed entra la figlia. Lui con fare stanco si alza per abbracciarla. Lei chiacchiera e intanto fa “mambassa” di biscotti, formaggi, frutta, verdura, farina, quaderni, uova e saponi per la casa. Io prendo poche cose, mentre riprendo ad ascoltare la radio che parla di politica. Il signore non ha nessuna voglia di vendermi qualcosa. Quasi geloso di lasciarla uscire dal suo guscio. Mentre io sorrido e faccio capire di avere voglia e tempo di fermarmi un po’, lui già inizia a fare domande. Prima: di dove sono e che ci faccio lì. Seconda, dopo neanche un minuto: cosa penso delle elezioni. Dei sandinisti. Non faccio in tempo ad accennare una risposta che lui inizia a parlare della guerra, dei sandinisti di una volta e di oggi, della corruzione… Non manca la sua battuta che (ingenuamente!) mi vede salvatrice del suo “destino crudele di povero nicaraguense in mano a dei mafiosi”. Portarlo in Italia? A fare cosa? Rispondo io. Gli faccio un piccolo e breve excursus sulla nostra crisi economica, politica, sociale, culturale sull’euro, la disoccupazione, la nostra di mafia, che tanto orgogliosamente e generosamente abbiamo esportato in tutto il mondo. Lui dice di sapere, ma forse sentirlo dire da me gli da meglio l’idea di cosa significhi. Cambia idea immediatamente. O devo essere stata convincente o avevo molti elementi a mio favore!

Prima di lui, avevo parlato con molte persone sulle modalità in cui si sono svolte le elezioni. Per molti, un quadro di mancanza di trasparenza, corruzione, violenza, autoritarismo, controllo totale sulla popolazione civile e per molti altri elezioni libere e vittoriose! Sentimenti contrastanti tra paura, preoccupazione per le generazioni future, indignazione e speranza, voglia di lottare, di far sentire la propria voce, di agire come cittadini con dei valori e principi basati sulla giustizia, l’onestà, il rispetto, la solidarietà. E poi c’è chi ci tiene a sottolineare che è diverso essere sandinisti ed essere orteguisti. Perché c’è chi ha militato per anni con il frente sandinista inneggiando alla pace, alla democrazia, alla giustizia e non si riconosce nel populismo – a loro detta autoritario e dittatoriale – di Ortega che utilizza la forza, la violenza e il controllo per stare al potere.


Subito dopo, il signore, mi chiede se ho i reni. Mi spiega perché mi fa questa domanda, vorrebbe che gliene donassi uno visto che a lui gliel’hanno tolto. Poi ride. Menomale! In un attimo passa a raccontarmi tutta la sua vita, i suoi tre matrimoni, le sue donne.

A un certo punto sento che da dietro mi toccano la spalla, come per chiamarmi. Mi giro e vedo una signorabellissima.Conlo sguardo mite e dolce. Mi chiede, all’orecchio (qui si usa tantissimo parlare all’orecchio!) se le posso fare una foto (vede la mia reflex e ne è giustamente incuriosita!).


Caso mai dovesse morire, le piacerebbe avere una bella foto sulla lapide e non ne ha neanche una. Io le dico: “Signora, ma non pensi a queste cose! Pensi ad una foto bella da mettersi a casa!” e lei mi ribatte immediatamente col sorriso “Ma lo sa lei quanti anni ho io?” e io “Beh, no”. Mi risponde bisbigliando: “Sono bisnonna, ho ben 99 anni. Rappresento un secolo!”Io incredula la abbraccio e mi complimento. Ci facciamo una risata insieme e dopo poco accorrono anche le amiche.

Si mettono in posa, vogliono le foto, prima da sole, poi con me. Il signore della pulperia aiuta a preparare la scenografia con due sedie rimediate. Nel frattempo le persone si fermano e assistono alla scena. Divertite. Rimango colpita dai sguardi delle tre signore e chiedo loro di potermi avvicinare per ritrarli nelle foto. Ne sono orgogliose! Mostro loro gli scatti e ridono forte, felicissime. Mi ringraziano, sghignazzano tra di loro divertite.

Vanno via lentamente…. ed io proseguo la mia passeggiata!

di Martina (continua)

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