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Scorci di Bogotà

Aggiornamento: 5 ott 2022


Sono andata a vivere in Colombia alla fine degli anni ’90, lavoravo a Bogotà, in una scuola italiana, ma naturalmente ho approfittato di tutte le occasioni possibili per viaggiare e conoscere il Paese, andando anche in posti poco frequentati dai turisti, specialmente in quel periodo, in cui la situazione sociale e politica era molto più difficile di quella odierna.


Oggi però vorrei parlarvi proprio di Bogotà, una città dai mille volti


una città in cui ogni “barrio” ha una sua identità, un suo fascino speciale, per cui andando da un quartiere all’altro, ti sembra proprio di cambiare paese; una città con molto verde, piena di parchi grandi e piccoli, attraversando i quali si può anche camminare a lungo, anche se è meglio, per motivi di sicurezza, farlo solo di giorno.


Voglio raccontarvi anche dei cieli di questa città, altissimi, profondi, con degli azzurri che sfumano nel blu più intenso e dei tramonti con colori incredibili; anche il clima è speciale: si può passare dalle temperature estive a quelle invernali nel giro di un’ora (non dimenticate che siamo si vicino ai tropici, ma a più di 2600 metri di altezza…).



Il centro storico ha il fascino delle antiche città coloniali, con le case bianche, i balconi in legno, una grande piazza con una splendida cattedrale, la sede del Parlamento e la residenza del Presidente della Repubblica, angoli nascosti e pieni di silenzio, strade strette, in salita, dietro le quali si scorgono le Ande; vi sono poi quartieri modernissimi, con bellissimi edifici e grandi parchi, e altri molto poveri e affollati della gente più diversa, che si abbarbicano sulle montagne



Quello che cambia non è però solo l’architettura, è proprio l’atmosfera che si respira, sono le persone che incontri; un tratto comune è comunque e sempre la cordialità, la curiosità verso chi viene da lontano, la disponibilità ad aiutare chi è in difficoltà


A questo proposito voglio raccontarvi un episodio che mi è capitato proprio quando ero arrivata da poco in città


Un giorno ho preso un taxi per recarmi a casa di un’amica, ma proprio per la mia scarsa conoscenza della lingua mi sono sbagliata e sono finita in una zona di periferia, completamente diversa dal posto dove ero diretta, e dove, proprio perché povera e periferica, non passavano neanche i taxi. Quando è arrivato un autobus – tra l’altro stava incominciando a piovere – l’ho preso subito, non mi importava dove andasse, purché mi portasse via da lì



Qui devo fermarmi un attimo e spiegare dei trasporti pubblici


… a quel tempo, non erano gestiti dal Comune, ma chiunque poteva comprare un minibus, una “buseta”, decidere un percorso e lavorare.


Arriva quindi quest’autobus, il conducente, che faceva anche i biglietti, mi chiede dove devo andare e io, nel mio spagnolo approssimativo, gli spiego quello che mi era successo e lo prego di lasciarmi in un posto da dove possa prendere un taxi, lui si mette a ridere, poi urlando racconta il fatto agli altri passeggeri, per la verità non molti, e chiede cosa ne pensano se fanno una deviazione e mi accompagnano a destinazione, la risposta è stata unanime: “vamos!”



Non si può non amare questa gente!



Mariella è la viaggiatrice alla sinistra, nella foto.


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