Oggi vorrei parlare di un popolo, i Kuna
un popolo che vive in un territorio compreso tra Colombia e Panama, un popolo straordinario, mite ma orgoglioso, che ha sempre lottato per la sua libertà, e che ha saputo conservare la sua identità e le sue tradizioni, non permettendo a nessuno di turbare l’equilibrio dell’ecosistema con cui vivono in simbiosi da sempre, pur adattandosi ai tempi e utilizzando, quando occorre, le risorse della tecnologia.
Per andare a trovarli sono partita da Capurganà, un posto dove si arriva solo o dal mare o utilizzando degli aerei piccolissimi, che effettuano un volo alla settimana, e da lì mi sono imbarcata su una lancia per raggiungere le isole di San Blas un arcipelago dove i Kuna si sono rifugiati per sfuggire alle persecuzioni degli spagnoli e dove ancora oggi vive la maggioranza della comunità
Mi sono imbarcata, lo confesso, con un po’ di timore, perché ho una certa paura dell’acqua, e le onde dell’oceano non sono proprio rassicuranti… la navigazione è durata più di due ore, che a me sono sembrate eterne
All’approdo ci aspettavano i capi della comunità che, prima di lasciarci liberi di circolare per il villaggio, ci hanno pregato di non dare da mangiare ai bambini, perché essi hanno il loro cibo, che non è fatto di prodotti industriali, di non fotografare all’interno delle abitazioni e ci hanno suggerito altre regole di comportamento che in teoria dovrebbero essere ovvie, ma sappiamo tutti che spesso vengono disattese.
Quando finalmente ho potuto andarmene in giro, quello che più mi ha colpito è stata l’atmosfera di serenità che si respirava in quel posto: i bambini che giocavano tranquillamente per niente incuriositi dalla presenza dei turisti, le donne che vendevano la loro merce senza però chiederti niente, e tutte vendevano allo stesso prezzo, senza farsi concorrenza fra di loro
…ma soprattutto quello che mi ha colpito, in un posto dove non c’era la corrente elettrica, è stato vedere i pannelli solari sui tetti delle abitazioni, tutte costruite però rigorosamente secondo lo stile e con i materiali della tradizione!
Ma non c’è da meravigliarsi, se si pensa a come sono nate le molas, che oggi rappresentano uno dei maggiori introiti commerciali di questo popolo
Le molas sono dei tessuti coloratissimi, che raffigurano simboli religiosi o animali totemici; in un tempo ormai molto lontano questi disegni venivano tatuati sul corpo, ma con l’arrivo dei primi missionari le donne sono state costrette a indossare vestiti che coprissero il busto, e allora hanno incominciato, con un lavoro certosino, sovrapponendo diversi strati di stoffa colorata, a riprodurre sulle bluse quei disegni che per loro erano tanto importanti perché sacri
Oggi le molas continuano ad essere usate dalle donne sui vestiti tradizionali
vengono confezionate anche per i turisti, e il loro commercio offre un buon guadagno per la comunità; sono utilizzate per formare pannelli decorativi da appendere alle pareti, cuscini e altro ancora.
A questo proposito confesso che mi arrabbio molto quando vedo le molas tagliate a pezzetti per decorare scarpe o borse, senza nessun rispetto per quello che esse rappresentano per i Kuna
Un altro ornamento che usano le donne sono i wini, braccialetti di perline posti sulle braccia o attorno alle caviglie, realizzati con una tecnica segreta
Quando siamo ripartiti, alla fine della giornata, mi è rimasta l’impressione di pace e serenità, l’impressione di aver conosciuto l’ultimo autentico paradiso dei Caraibi
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