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Etiopia: Axum mistic

misticaxum

Alle 4,45 sono in piedi, forse già in ritardo. Non lo so con certezza: secondo l’orologio etiope e’ quasi mezzanotte e secondo il calendario Gregoriano e’ il 2 di Gennaio.

Mi portano, ancora assonnato, ad una cerimonia religiosa nella piazza di Axum vicino al parco degli obelischi. Una gran folla e’ radunata in cerchio: gli uomini da una parte e le donne dall’altra.  In centro i sacerdoti, coperti da luccicanti ombrelli da cerimonia iniziano a muoversi in processione, portando con se un misterioso parallelepipedo ricoperto da paramenti preziosi.

E’ l’Arca dell’Alleanza!! Solo una copia in realtà. L’originale secondo la tradizione si trova proprio qui ad Axum, conservato in una piccola chiesa tra le due più grandi di Santa Maria di Sion. La leggenda  vuole che la regina di Saba, affascinata dai racconti su Re Salomone riportati dai commercianti, abbia intrapreso un viaggio per conoscere il mitico reggente. Da questo incontro nacqu

e Menelik che, cresciuto in terra Etiope e tornato a Gerusalemme per poter finalmente conoscere il padre, tornò in  patria con la famosa Arca contenente le tavole di Mose’. Ora in ogni chiesa ne e’ consacrata una copia che ad Axum viene portata in processione nelle grandi occasioni.

Questa notte e’ una di quelle. Tutti sono vestiti in bianco tranne qualche occidentale, come me, che quindi viene riconosciuto all’istante. Nonostante questo un anziano signore mi consegna la mia candela. Alla luce di mille fiammelle la lunghissima processione parte quando ancora e’ buio. I sacerdoti, con i ricchi vestiti del rito, intonano misteriosi canti in ghez, l’antica lingua locale da cui e’ nato anche l’attuale Amarico. E’ un po’ come il nostro latino, sono in pochi a conoscerlo anche se tutti sembrano aver imparato a memoria le parole di

queste litanie.

Cammino cercando di confondermi tra la folla. Accanto a me l’Arca ed il suo misterioso contenuto. Le donne sono in fondo, tantissime. Siamo un fiume di gente. L’atmosfera e’ densa e calda, le centinaia di sagome bianche camminano lente attraverso la città buia, immobile. Al passare del corteo tutti si segnano con deferenza per poi aggregarsi velocemente.

Seguo anche io, accanto ai sacerdoti, scopro che il misterioso rito e’ in realtà una Messa. Lascio in tasca la mia macchina foto ed in silenzio l’atmosfera mi trascina in fondo,  in basso

verso la mia spiritualità. Pensandoci, sono anche io Cristiano. Ero bambino quando seguivo una processione simile accanto ai preti la domenica delle Palme. La primavera era già arrivata  e, vestito da chierichetto, portavo in giro per il paese il turibolo dell’incenso controllando che non si spegnesse. In realtà del rito non sapevo nulla ma mi piaceva la socialità dell’evento: la gente, gli amici, il paese in festa. Ritrovo qui le stesse atmosfere caricate del misticismo di una cerimonia misteriosa e notturna in terra africana.

I pensieri si affollano nella mente assonnata quando mi accorgo di essere ritornato di nuovo nella piazza di partenza. Sta schiarendo e le candele sono ormai spente, ritorna più definita la realtà, ritorno di nuovo adulto, italiano, in mezzo all’Etiopia. Mi rimane in bocca l’impressione di aver perso qualcosa nella mia vita, il legame di un rito, di una comunità come questa, vicina e solidale sebbene povera. Ma il più povero di tutti oggi,  mi sa che sono io.

Pietro Lamprati

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