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Monks receive alms bowl at countryside of Thailand_edited.jpg

Birmania. Viaggio di nozze alternativo

Aggiornamento: 6 ott 2022


I nostri neo sposi, Valentina e Lino, ci raccontano la loro esperienza in Birmania


Un viaggio d’incontro


Nell’organizzare il nostro matrimonio, una delle cose più importanti per noi era il fatidico “Viaggio di nozze”… più che altro perché ci si presentava l’occasione di compiere un grande viaggio, occasione che non sempre si presenta così facilmente! Per me, Valentina, non c’erano dubbi: dovevo andare dall’altra parte del mondo per conoscere chi vive e ha una cultura completamente diversa dalla nostra.

Per il marito, Lino, già conoscitore dell’India, quella rurale e più autentica, innamorato dell’Asia e del loro modo di vivere la decisione è stata chiara sin da subito: direzione Sud Est Asiatico. E per sfruttare al meglio questa occasione abbiamo scelto il paese più autentico e più “asiatico”per eccellenza: la Birmania, ops! il Myanmar come si chiama dal 2010… 50 anni di dittatura hanno fatto molti danni, ma hanno nello stesso tempo preservato questo popolo da un’occidentalizzazione selvaggia, dal cosiddetto progresso che arriva di colpo e che è capace di distruggere culture millenarie, non lasciando spazio a nessuna alternativa all’imperante modello occidentale.



Sì, la Birmania sarebbe stata la meta del nostro viaggio

E bisognava fare in fretta!


Decisa la meta, bisognava decidere come andarci? All’avventura? Sarebbe stato bellissimo: la spontaneità di un viaggio lasciato al caso ci ha sempre regalato esperienze straordinarie! Purtroppo però organizzare in autonomia un viaggio del genere non è facile per chi come noi ha un lavoro normale e un normale numero di giorni di ferie… ma non per questo volevamo rinunciare a un viaggio autentico e non ci andava giù il solito viaggio di nozze da cartolina, rinchiusi in un resort 5 stelle pensato per occidentali, con cibo per occidentali e pagamenti in dollari.

Insomma una via di mezzo doveva esserci! E la via di mezzo era il turismo responsabile che noi abbiamo conosciuto grazie a Viaggi Solidali!



Il nostro viaggio di nozze

è stato un viaggio organizzato

ma che ci ha fatto conoscere gli aspetti

più autentici della Birmania,

un viaggio d’incontro!

Nei 15 giorni di viaggio abbiamo dormito in 7 hotel diversi… in realtà uno non era proprio un hotel, ma una casa in bamboo in un villaggio sperduto tra le montagne birmane! Giungerci è stata per noi la parte più emozionante del viaggio, un viaggio indietro nel tempo!! 2 giorni di trekking tra montagne ricche di una vegetazione straordinaria, un paesaggio bucolico che offriva continuamente una bellezza così pura da togliere il fiato.


Le contraddizioni tipiche dell’Asia ci hanno subito sorpreso una volta arrivati al villaggio: in un posto in cui la corrente elettrica è un vero lusso si festeggia (non abbiamo capito se un matrimonio o il Capodanno) con la musica, quella disco a tutto volume: tutti a ballare con un ritmo sfrenato.. com’era possibile? Un alternatore di corrente evvai… tutto il villaggio festeggia!



Al mercato di Pokukko

Nel villaggio non esiste il bagno in casa… manca tutto quello che per noi è la base del vivere dignitosamente, eppure regna un’armonia e una pace che difficilmente troviamo a casa nostra. Nessuno sembra arrabbiato, nessuno sembra avere delle pretese… c’è la stanchezza, certo, il lavoro nei campi è molto duro, ma il villaggio sembra tutto raccolto in una dimensione propria che dà protezione. Ti chiedi allora se sia più dignitosa questa vita o la nostra che ti costringe a stare in delle scatolette incolonnate che producono smog che respiriamo mentre aspettiamo il via libera per correre verso casa, che è un’altra scatoletta piena di confort e ben isolata dall’esterno… corriamo a rinchiuderci lì e poi corriamo per tornare a lavoro, un’altra scatoletta ci aspetta, dobbiamo stare lì per guadagnare i soldi che ci servono per mantenere la scatoletta con le ruote e la scatoletta fissa, tutte piene di confort, ma ci sono così tante scatolette ben isolate e tutte impilate e impermeabili che quella dimensione che si respira in quel villaggio sperduto tra le montagne birmane proprio non si sente e non si riesce neanche ad immaginare.

Durante il nostro viaggio abbiamo avuto modo di parlare con molte  persone birmane, quasi sempre operatori del settore turistico (perché la gente comune non parla inglese), ma nonostante questo autenticamente genuine e gentili.



Mandalay Man

E così il gestore dell’Ecolodge vicino al Lago Inle è stato soprannominato da noi “dio” perché camminava senza fare alcun rumore e il suo viso, nonostante l’età, era sereno e pacato e ti trasmetteva quiete… inconsapevolmente ci diceva: “perché vi agitate così tanto? Per cosa? perché ogni occasione è buona per arrabbiarvi? la vita è semplice e va vissuta semplicemente”

Ricordiamo con grande tenerezza Thinzar, la nostra giovane guida a Bagan, a cui venivano gli occhi ludici quando rispondeva alle nostre domande sulla situazione politica birmana.

Come dimenticarci di “Mandalay Man”, la guida “a indirizzo fotografico” con cui siamo stai per ben 3 giorni… ci ha raccontato tanti aspetti della vita birmana quotidiana con ironia e semplicità (oltre a darci preziosi consigli fotografici). Ci ha raccontato che fino a pochi anni fa la cultura buddhista era così radicata che se una donna spazzando a terra avesse trovato un diamante, lo avrebbe preso, avrebbe finito di spazzare e poi lo avrebbe riposto al suo posto. Perché? Perché il Karma torna sempre e torna in questa vita. Non so se sia vero però io ho dimenticato un orologio firmato sulla panchina di una delle pagode più visitate di Bagan e me ne sono accorta solo dopo 3 ore!

Ebbene una volta tornata sul posto non potevo credere ai miei occhi: l’orologio era lì e da quel posto saranno passate almeno 1000 persone! Fortuna o onestà dei birmani? Non saprei dirlo… ma un’offerta il Buddha se l’era propria meritata.

Della sacralità dei templi buddhisti ci si rende subito conto guardando i cani e i gatti che vi vivono indisturbati: è un luogo sacro e nessuno può fargli del male!



Tutte le persone che abbiamo incontrato hanno mostrato una premura incondizionata nei nostri confronti e non calcolata.

A volte questa cosa ci spiazzava: nel nostro programma di viaggio avevamo previsto dei giorni senza guida per poter vivere in autonomia questa esperienza… però avevamo l’autista: e che autista!! Cho’ non si limitava ad accompagnarci, in pratica non ci mollava un attimo!!! Capii dopo che aveva paura che ci saremmo potuti perdere! Ci accompagnava e ci spiegava a suo modo tutto. Arrivato il momento della partenza in direzione Kalow ci accompagnò alla stazione dell’autobus, salii a bordo con noi, si accertò che ci fossero i posti per noi, parlò con l’hostess e gli spiegò dove dovevamo scendere! “Cho’ grazie di tutto, adesso vai hai lavorato fin troppo per noi”… e i miei occhi videro uno degli abbracci più spontanei e teneri che avessero mai visto.

Certo abbracciò Lino e non una donna, ma non posso dire assolutamente che la Birmania sia un Paese maschilista: è un Paese pudico piuttosto. C’è molta attenzione nel coprire ciò che non è necessario mostrare, sia per i maschi che per le femmine e devo dire che tutto ciò rende i birmani estremamente eleganti.

Il loro pezzo forte è il “longy” una sorta di gonna che i maschi annodano davanti e le donne piegano sul lato, un pezzo di stoffa unico in sostanza, ma estremamente colorato per le donne e così “democratico” che rende tutte le donne birmane (che sono di statura piccole e tendenzialmente magre) estremamente femminili!

A renderle ancora più uniche è il Thanaka, una crema gallina ottenuta della corteccia dell’albero da cui prende il nome con cui si colorano letteralmente il viso: è un cosmetico, un trucco, protegge dal sole e dalle zanzare, ed è tutto totalmente naturale!


Che cultura meravigliosa!

È così strano vedere ancora abiti

e trucchi tipici perché per loro

è normale vestire così

e non è normale vestire all’occidentale!


Ho parlato poco dei luoghi visitati!

Abbiamo visto Pagode stupende, conosciuto la spiritualità buddhista e la vita dei monasteri, visitato i villaggi dove vivono ancora secondo le loro tradizioni le donne-giraffa, navigato il lago Inle con i loro pescatori-equilibristi, i campi coltivati ai piedi della giungla birmana e i loro villaggi che sembrano ovattati… i bambini che ti guardano come se fossi un extra terrestre e vogliono farsi un selfie con te… è davvero un viaggio d’incontro, perché ti basta guardare uno sconosciuto che questi nella maggioranza delle volte ti sorride anche se non ti conosce, proprio perché non vede l’ora di conoscerti!



È questa la missione di Sue e Leslie, i fondatori di una scuola di cucina per turisti, Bamboo Delight, che portano dentro l’insegnamento del padre di Sue, un agricoltore che  quando vide arrivare i primi pochissimi turisti coraggiosi, pur non parlando una parola d’inglese, li invitava a casa sua a mangiare cibo birmano.

Così Leslie ci porta al mercato (lui è “The king of the market” dice) e ci spiega minuziosamente tutte le spezie e gli ingredienti tipici della cucina birmana; Sue ci insegna a cucinare e, dopo il pranzo finale in condivisione con tedeschi e giapponesi, ci racconta la sua storia, della mancanza di lucro della sua attività e della scuola che ha messo su per insegnare l’inglese ai più piccoli, un’attività di volontariato per far sì che le nuove generazioni sappiano rapportarsi con i turisti e possano così crescere e vivere dignitosamente.

Il suo motto è “I don’t care about the money, I care about love.” È davvero così!



Molte volte durante il viaggio ho ragionato all’occidentale: mi aspettavo che ci fosse un secondo fine nei comportamenti delle persone, temevo di essere “spennata” in quanto turista, mi arrabbiavo per un ritardo o un’incomprensione: puntualmente constatavo di essere in malafede, di avere un pregiudizio.

È difficile riuscire a credere che ci siano persone che siano così autenticamente genuine… è difficile credere che lo saranno ancora per molto tempo. Ma noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerli ancora così!

Un viaggio in Birmania è un viaggio che consigliamo a tutti, l’importante è liberarsi dalle logiche delle convenienza in cui siamo costretti a vivere e lasciarsi andare all’incontro e alla conoscenza senza pregiudizi di sorta.

Pensavo fosse solo uno slogan da locandina turistica, ma è stato davvero un viaggio che ti cambia.


Bufali e un contadino al tramonto tra le montagne birmane


Bambini lavano i bufali in un laghetto


Incontro con i bambini dei villaggi durante il trekking

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