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A MOSCA. TURISMO CONSAPEVOLE NELLA RUSSIA DI PUTIN


Arrivo a Mosca, all’albergo “Peking”. Costruito nel 1955, faceva parte assieme alle “Sette Sorelle”, i famosi grattacieli neogotici, del piano di ricostruzione postbellica voluto da Stalin.

Percorro il lungo corridoio di quella che un tempo era proprietà del Kgb, immagino la babuska che guarda sospettosa, i funzionari delle delegazioni che scivolano via di fretta. Oggi tutto è cambiato. Il personale sorride ed è cortese, nella sala al pianterreno una gigantografia della New York degli anni trenta, un video alterna Elvis Presley a Bruce Springsteen, e in atrio gruppi di turisti iniziano la visita della città.



Allo “Stagno del Patriarca”, è vicino, cerco di immedesimarmi nella conversazione dei “due cittadini” con cui Bulgakov apre “Il Maestro e Margherita”. E’ un luogo tranquillo, circondato da edifici liberty, con le mamme e i bambini che giocano, e sulle panchine attorno al laghetto degli anziani.

Non posso non andare alla Piazza Rossa.


Entro nella Cattedrale di San Basilio con le piccole e alte “chiese” e poi ai magazzini Gum, con prodotti di lusso e le firme dei più noti stilisti. Mi fermo di fronte alla tomba del milite ignoto per il cambio della guardia. Poche settimane prima la polizia aveva impedito a un gruppo di manifestanti gay di deporvi una corona.

Faccio fatica a trovare la sede di Amnesty International, l’ingresso è in un cortile appartato, non c’è targa. Incontro Friederike, la responsabile: “le persone non si avvicinano ad Amnesty facilmente, sono preoccupate, temono di mettersi nei guai. Ad esempio degli insegnanti che avevano partecipato ad un corso sull’educazione ai diritti umani furono poi interrogati dal FSB (Servizi Federali di Sicurezza, l’ex KGB). Subiamo molte restrizioni imposte dalla legge. Le autorità hanno creato un’immagine ostile delle Ong (organizzazioni non governative), sostengono che sono anti- russe, lavorano per governi stranieri, ricevono molto denaro dall’estero, denaro che non viene usato per aiutare la gente di qui….La situazione rispetto a dieci anni fa è molto peggiorata. Il tentativo di organizzare una qualsiasi manifestazione (sulla tortura, sui gay…) viene immediatamente impedito e i partecipanti arrestati. Bisogna avere il permesso anche per la più piccola iniziativa. Le autorità temono una “colour revolution” come quelle avvenute in Ucraina e Georgia…E’ importante che le persone di tutto il mondo continuino a spedire gli appelli, a far pubblicare le denunce sui giornali. Ciò crea un forte impatto e le Ong russe lo apprezzano molto”.

Prendo la metropolitana, le stazioni sono opere d’arte monumentali volute da Stalin. Volevo vedere qui, e poi a San Pietroburgo, i pittori russi. La Galleria Nazionale Tretjakov è la più grande collezione d’arte russa. Trascorro un intero mattino passando dalle icone di Andrej Rublyov ai quadri di Ivanov, Perov, Repin.

Mosca ha vastissime aree verdi. Il parco Izmailovo, uno dei più grandi della città, è meta favorita dei moscoviti durante il fine settimana. Al Gorky Park passeggio lungo le rive della Moscova. Poi entro nella Nuova Galleria Tretjakov con i capolavori di Kuzma Petrov-Vodkin, Tatlin, Malevich, Kandinsky, Chagall, Goncharova. Altre sale espongono quadri del socialismo reale e quadri anti- conformisti e di “protesta”.


Nella sede di Memorial, la più importante Ong russa, incontro Oleg Orlov, il presidente. E’ stato da pochi giorni assolto dall’accusa di diffamazione contro il presidente della Cecenia Ramzan Kadyrov. Nessuno se lo aspettava. Oleg aveva dichiarato di ritenere Kadyrov responsabile dell’omicidio di Natalia Estemirova, un’altra esponente di Memorial, rapita e uccisa in Cecenia nel luglio 2009. Gli dico degli appelli inviati anche da Trieste. Per ricordare Natalia, nel secondo anniversario della morte, viene proiettato il documentario “Chi ha ucciso Natascia?”. Il nuovo lavoro affronta i motivi che hanno causato la morte dell’attivista per i diritti umani e denuncia il sistema di violenza contro chi parla apertamente di violazioni in Cecenia.


Il monastero di Novodevichij è il più bello della città. Costruito nel XVII secolo in stile barocco moscovita è cinto da un lungo muro con torri. Accanto, il cimitero monumentale con le tombe dei “grandi” della Russia, da Krusciov a Cechov, da Bulgakov a Prokofiev.

Arbat ha perso il fascino bohemien del periodo sovietico e si è ridotta a un banale insieme di caffè, ristoranti, chioschi. Unico interesse, alla fine della strada pedonalizzata, la Casa Museo di Puskin, dove il poeta visse alcuni mesi e l’attigua Casa Museo dello scrittore simbolista Andrej Belyi.

Imperdibile il capolavoro liberty della Casa Museo di Gorkij, che Stalin assegnò allo scrittore dopo il suo rientro dall’Italia. Qui Gorkij visse fino alla morte nel 1936.

In Piazza Puskin manifesti pubblicitari invitano al concerto di beneficienza con star internazionali, c’è anche il nostro Bocelli, per soccorrere gli ospedali, sprovvisti di tutto. Il battello “Bulgaria” affonda sul Volga, sono oltre cento le vittime. Precipita un altro antiquato aereo, un An-24, questa volta in Siberia; il presidente Medvedev interviene, ma non ci sono i mezzi per sostituirli. Il gigante russo fa fatica a rialzarsi.

Le autorità e lo stesso presidente non sembrano accorgersene, hanno appena approvato un piano per più che raddoppiare entro vent’anni l’area coperta dalla capitale russa.

Giuliano Prandini

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