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Immagine del redattoreStaff Viaggi Solidali

Il Giappone come non lo vedremo più

Aggiornamento: 6 ott 2022


Prima parte: da Osaka a Miyajima


Osaka, 29 aprile 1991


Sono in Giappone da oltre 4 mesi: studio per un semestre all’Università Kansai Gaidai vicino ad Osaka. Vivo in una famiglia meravigliosa, frequento le lezioni, studio, cerco di impegnarmi al meglio mentre termino di tradurre il racconto che sarà il tema della mia tesi di laurea in Italia. Ho anche un piccolo lavoro, do lezioni di italiano in una scuola di Osaka: ho oramai una routine.


Questa settimana però è diversa: questa infatti, è la settimana d’oro, Golden Week, una settimana di vacanza nazionale, una settimana di vacanza anche per me.


L’abbiamo pianificata con il desiderio di esplorare in libertà. Siamo in tre: io, Laurent, francese di Versailles, e Peter, un americano catapultato in Giappone per un programma di scambio. Sembriamo i personaggi di una barzelletta: l’italiana, il francese, l’americano. Recuperiamo una tenda, 3 zaini e sacchi a pelo. Racimoliamo i pochi soldi che abbiamo, pennarelli dalla punta spessa, un cartone e fogli bianchi: ci servono per indicare la destinazione che vogliamo raggiungere in autostop. Sul cartone abbiamo scritto: “parliamo giapponese”, sui fogli bianchi via via indicheremo la direzione. Partiamo in un momento in cui l’autostop non è per nulla praticato, e tanto meno il campeggio libero. Ci troviamo in Giappone in un periodo in cui i turisti praticamente non esistono. Un privilegio di cui mi rendo conto solo ora…



Noi però siamo “gaijin”


siamo stranieri: a noi è concesso di fare cose che nessun giapponese farebbe. Quindi partiamo, in direzione sud. Ci posizioniamo ad un imbocco dell’autostrada con una certa spavalderia. Passa un po’ di tempo e si ferma un’auto rossa, guidata da un ragazzo giapponese altissimo (soprattutto per l’epoca): si chiama Satoshi, è un ingegnere che lavora ad Osaka, sta andando ad Hiroshima a trovare i genitori. Viaggiamo con lui per 350 chilometri, quella che per noi sarà la prima tappa. I miei due prodi compagni di viaggio lasciano a me il posto davanti (e sarà così per tutto il viaggio): loro non hanno voglia di chiacchierare, io, tanto per cambiare, sì.



In viaggio con Satoshi


Così questo viaggio diventerà un intreccio di ricordi diverso per per ognuno di noi.


Per me sarà fatto anche di risposte alle tante domande curiose dei guidatori, di meravigliosi paesaggi dal finestrino, di scambi e racconti, mentre dietro i mie due compagni di viaggio schiacciano un pisolino o leggono un libro.


Hiroshima, Parco della Pace


Quello che ora è visitato tutti i giorni da migliaia di visitatori per noi è un luogo strano, quasi deserto


C’è solo una scolaresca di ragazzi delle superiori: sono curiosissimi di noi, ci circondano con mille domande: siamo un pezzo di mondo per loro. Prima di lasciare il parco, ci lasciano tutte le loro merende: la cena è assicurata!

La sera, nel parco deserto, montiamo la tenda sull’argine del fiume Motoyasu, su un pendio che renderà il sonno un’impresa: inoltre piove praticamente tutta la notte. Ci svegliamo fradici, assonnati e acciaccati. Anche questa è avventura, e noi siamo felici.



Dopo avere visitato la città, decidiamo di andare Miyajima, l’isola sacra che ora è una meta imperdibile per ogni viaggiatore straniero che si rechi in Giappone.


Quello che noi vediamo, all’arrivo sull’isola sono i daini e il torii rosso in mezzo alla baia; quando dopo poche ore la marea si ritira, arrivano decine di raccoglitori di crostacei, che approfittano della secca per procurarsi questo che per loro è un cibo delizioso. Oggi i pescatori non ci sono più: al loro posto, turisti sotto la porta sacra incastrano una monetina nelle sue fessure di legno e scattano fotografie



Il torii shintoista, indica l’ingresso ad un’area sacra: che sia un tempio o un luogo naturale. Tutta l’isola di Miyajima è considerata sacra: anticamente questo stretto passaggio era l’unico consentito per approdarvi. A Miyajima, ancora oggi, non si celebrano funerali e non ci sono ospedali. La sofferenza dell’uomo non è consentita: la sacralità shintoista è piena di vita, la morte sta in un altro luogo.


Siamo a metà della nostra vacanza. Domani andremo più a sud…

(continua)



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